
Questo articolo fa parte di quelli di alta fotografia sono, come da indice, già pronti sempre fatti da Francesco, del resto sono articoli che furono pubblicati sulla rivista Fotografare. Ho dovuto, però, impaginarlo, spero di averlo fatto nel modo più vicino possibile al suo. Tutti gli altri saranno pubblicati con la stessa cadenza che usava lui, i due Sarchiaponi non si fermano… Ciao Francesco.
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IL BILANCIAMENTO DEL BIANCO
Gestire al meglio la temperatura di colore
Scattare una fotografia lo possiamo pensare come catturare un pezzo dello spettro elettromagnetico visibile ed immagazzinarlo su un supporto per poterlo riutilizzare a nostro piacimento successivamente.
Vediamo quindi velocemente come si comporta la radiazione elettromagnetica. La caratteristica principale della radiazione elettromagnetica è la sua lunghezza d’onda, cioè dopo quando tempo il segnale riassume le stesse caratteristiche. Le onde vanno da quelle lunghe (trasmissioni radio) a quelle cortissime (raggi X) con in mezzo la luce visibile. La lunghezza d’onda del visibile è compresa tra 400 nm (zona del blu) e 700 nm (zona del rosso). Un nm (nanometro) è pari ad un miliardesimo di metro. Lo spettro della luce solare è più ampio e va da 250 nm a circa 2500 nm. Esso non è uniforme ma presenta un massimo in corrispondenza alla luce visibile.
Quando percepiamo i colori non li vediamo in modo uniforme poiché l’occhio è maggiormente sensibile alle frequenze al centro dello spettro è cioè al verde che non agli altri colori.
La percezione del colore dipende da tre componenti: l’illuminatore (la fonte della luce), un corpo interferente con la radiazione (il riflettore) e un ricevitore (l’occhio, la pellicola o il sensore).
I principali parametri del fenomeno sono: l’opacità o la trasparenza, la tinta o il tono, la saturazione e la luminosità.
La colorimetria, la scienza che studia i fenomeni legati alla luce e alla sua gestione, ha standardizzato nel 1931 grazie al Comitato Internazionale per l’Illuminazione (CIE) le curve di sensibilità per un osservatore medio con campo di vista di due gradi. Sono così state trovate le curve utilizzate come riferimento standard (Color Matching Functions (CMF)) per assegnare le coordinate colorimetriche (X, Y e Z) per qualsiasi spettro all’interno della luce visibile. La caratteristica delle CMF è che il canale Y rappresenta anche il valore di luminanza delle sorgente. Nello stesso anno è stato inoltre standardizzato lo spazio di colore specificato dai valori di x e y noto come spazio di colore CIE xy.
Il diagramma rappresenta le componenti cromatiche visibili da un occhio medio. La curva forma una figura chiusa che comprende la visione umana. Il bordo curvo è il luogo dei colori spettrali, cioè il luogo dei colori a luce monocromatica. Il bordo retto della parte inferiore è detto linea delle porpore. I colori meno saturati appaiono all’interno della figura con il bianco al centro.
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3 – Curve di sensibilità dell’occhio umano. Sono rappresentate le diverse componenti per le singole frequenze (la curva del Blu va moltiplicata per dieci). |
La curva caratteristica la possiamo pensare come una funzione matematica che utilizzando i valori di esposizione ci permette di ottenere un’immagine che possiamo definire piacevole dal punto di vista del contrasto luminoso e cromatico. I sensori acquisiscono l’energia dell’onda elettromagnetica incidente e la convertono in un segnale elettrico ad essa proporzionale. Quelli al silicio non hanno modo di distinguere spettri di colori diversi e pertanto davanti al sensore viene posizionato un reticolo di microlenti colorate secondo lo schema detto a Matrice di Bayer.
È molto importante che il sensore di immagini ci dia un risultato che sia gradevole ai nostri occhi qualunque sia la tecnologia che si utilizza. Con la curva caratteristica possiamo attenuare i toni chiari e quelli scuri e contemporaneamente esaltare i toni medi. Così facendo non stiamo tendendo a raggiungere la realtà ma la stiamo adattando alla nostra visione.
Il vantaggio che ci fornisce la fotografia digitale è quello di poter provvedere direttamente alla post-produzione delle immagini. L’aumento delle prestazioni dei processori di immagine permette una prima elaborazione delle medesime in modo automatico o sulla base di parametri personalizzati dal fotografo. Questa elaborazione è effettuata direttamente nella fotocamera prima di salvare l’immagine. Questi dati acquisiti dal sensore devono passare da quelli acquisiti originariamente a quelli adatti alla riproduzione a colori. Alcuni aspetti del processo di acquisizione e visualizzazione rendono la correzione dei colori indispensabile.
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4 – Temperatura di colore: si va dai 2000 K° (candela) ai 10000 K° (cielo estivo). |
Un primo parametro nel campo dell’illuminotecnica per misurare la composizione della luce ma che possiamo applicare anche alla fotografia per permettere la correzione desiderata, è la temperatura di colore. In questo modo si riesce a quantificare la tonalità della luce. L’unità di misura di riferimento, secondo il sistema internazionale, è il grado kelvin (K°); ricordiamo anche che la scala non è lineare ma logaritmica. Tra i 2000 K° e i 3800 K° si definisce la luce CALDA, quella che corrisponde ad ambienti con colori caldi come il rosso, il giallo o l’arancione. Tra i 4000 K° ed i 5500 K° si definisce la luce NATURALE, corrisponde ad ambienti con la luce che entra dalle finestre in una giornata primaverile al mezzogiorno con cielo sereno. Superati i 5500 K° si definisce la luce FREDDA, la luce del cielo di una giornata di sole estiva. Sotto i 1400 K° si va verso l’infrarosso, oltre i 20000 K° si va fino agli ultravioletti. Se esponiamo una fotografia a temperatura intermedia ad una più bassa in pratica faremo un viraggio verso il Blu della nostra foto, ad un temperatura più alta il viraggio è verso il Rosso.
Se ci basiamo solo sulle nostre sensazione (il rosso viene associato ad una sensazione di caldo mentre l’azzurro viene associato al freddo) possiamo affermare che più alto sarà il valore della temperatura sulla scala e più fredda apparirà la luce ai nostri occhi.
Per la fotografia digitale il secondo parametro che vogliamo prendere in considerazione è il bilanciamento del colore cioè la regolazione dei vari colori primari. Con questa regolazione vogliamo ottenere una corretta rappresentazione di un colore, solitamente un colore neutro (grigio o bianco), e pertanto il processo viene detto bilanciamento del bianco.
Questa operazione è necessaria per trasformare i valori acquisiti in valori adatti alla riproduzione a colori. Stiamo adattando i dati acquisiti alla visione legata all’occhio umano.
La luce delle nostre foto cambia in continuazione durante l’arco della giornata in funzione del fatto che il cielo sia nuvoloso oppure sia completamente sereno. Il cambiamento diventa ancora più evidente se passiamo dalla luce solare a quella artificiale. Le fotocamere digitali permettono la correzione automatica della luce così da memorizzare i colori più naturali possibile.
In pratica è come se la macchina disponesse al proprio interno di una serie di filtri elettronici e li utilizza o automaticamente ogni volta che sia necessario oppure secondo le impostazioni stabilite dal fotografo, per togliere le dominanti di colore che farebbero apparire innaturale la scena inquadrata. La tecnica si chiama bilanciamento del punto di bianco perché mira a individuare gli oggetti bianchi e a farli apparire completamente neutri, senza dominanti rossastre, bluastre o giallastre che invece trasparirebbero usando l’impostazione sbagliata per il tipo di luce. Una volta che si è corretto il bianco, anche tutti gli altri colori appariranno naturali.
Possiamo regolare il punto di bianco con precisione scegliendo l’opzione “White Balance Preset” e puntando l’obiettivo su un dispositivo con vari settori colorati, il ColorChecker della X-Rite. In tal modo la macchina leggerà il tipo di luce riflessa dall’oggetto e modificherà le proprie impostazioni per far apparire tutti i colori in maniera naturale.
Facendo riferimento alla fotocamera Canon EOS 6D troviamo nel menù del bilanciamento del bianco le seguenti possibilità:
- AWB [Automatic White Balance] (3000-7000 K°)
- Luce diurna (5200 K°)
- Ombra (7000 K°)
- Nuvoloso [crepuscolo, tramonto] (6000 K°)
- Tungsteno (3200 K°)
- Fluorescente (4000 K°)
- Uso del flash (impostazioni automatiche)
- Personalizzato (2000-10000 K°)
- Temperatura colore (2500-10000 K°)
Notiamo che oltre al bilanciamento automatico, con o senza flash, sono presenti cinque impostazioni a temperature predefinite e fissate ed altre due dove possiamo scegliere la funzione in modo molto accurato. Sono presenti inoltre due modalità, le ultime citate, che permettono un controllo accurato e preciso secondo i gusti del fotografo.
Le fotocamere di fascia alta permettono il bracketing (variazione a forcella) del bilanciamento del punto bianco. Non viene scattata una sola foto ma tre o cinque con esposizioni diverse. La prima “corretta” in base alle regolazioni automatiche, le altre leggermente più calde (giallo/rossa) o leggermente più fredde (blu). Il tempo impiegato per lo scatto è quello di una sola posa, ma lo spazio occupato in memoria è quello di tre o cinque foto distinte.
Dovrebbe venire assolutamente naturale pensare che tutte le correzioni che vengono eseguite all’interno della fotocamera possono essere eseguite in post produzione con dei programmi dedicati, come ad esempio Photoshop. Tutti questi programmi si basano su una serie di algoritmi matematici spesso molto complessi ma che possono essere, dagli utenti interessati, facilmente reperiti.
Personalmente preferisco affrontare la parte “correttiva” per quanto possibile durante la fase di acquisizione della scena ed aggiungere con il fotoritocco quella “creativa”.
FRANCESCO.
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista FOTOGRAFARE n° 7 (Luglio) del 2017 nella rubrica di ALTA FOTOGRAFIA.
P.S. Visto il tempo trascorso dalla pubblicazione va precisato che l’impianto tecnico dell’articolo è sempre valido ma risulteranno poco attendibili le eventuali ricerche di mercato o le scansioni temporali dei prodotti fotografici citati nel medesimo.
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