
Questo articolo fa parte di quelli di alta fotografia sono, come da indice, già pronti sempre fatti da Francesco, del resto sono articoli che furono pubblicati sulla rivista Fotografare. Ho dovuto, però, impaginarlo, spero di averlo fatto nel modo più vicino possibile al suo. Tutti gli altri saranno pubblicati con la stessa cadenza che usava lui, i due Sarchiaponi non si fermano… Ciao Francesco.
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DECENTRAMENTO e BASCULAGGIO
Una tecnologia che ci permette di gestire le linee cadenti.
Per scattare una fotografia dobbiamo permettere alla luce di attraversare l’obiettivo scelto e raggiungere l’elemento fotosensibile. La scelta dell’ottica opportuna, ad esempio un teleobiettivo per acquisire maggiori dettagli per un soggetto lontano, ci favorisce per selezionare l’inquadratura voluta ma contemporaneamente introduce dei difetti. Uno dei difetti che si presenta, specialmente quando utilizziamo un grandangolare per le foto di architettura, è il fenomeno delle linee cadenti della prospettiva.
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1-Linee cadenti: si vedono quando incliniamo tra di loro il piano di acquisizione ed il piano di messa a fuoco. |
Le ottiche che permettono di controllarla sono chiamate in italiano decentrabili o a controllo della prospettiva in inglese vengono dette Tilt-Shift. Quelle vecchie avevano la sola possibilità di decentrarla mentre quelle moderne permettono anche di inclinare la lente rispetto al piano del sensore per controllare la messa a fuoco.
Per le osservazione che andremo a fare premettiamo che l’obiettivo è formato da diverse lenti unite a formare dei gruppi ma possiamo approssimarlo senza commettere un grande errore come se fosse una sola: il centro ottico. Per regolare la quantità di luce che attraversa le lenti viene utilizzato il diaframma, spesso la sua posizione coincide con il centro ottico dell’obiettivo. La forma e la dimensione del diaframma determinano inoltre la profondità di campo.
Quando un obiettivo permette di effettuare una correzione prospettica in fase di ripresa della fotografia viene detto decentrabile. Per ottenere questo risultato viene spostato il centro del gruppo ottico rispetto al centro dell’elemento fotosensibile mentre viene mantenuto l’asse normale al piano focale.
Questi obiettivi, che minimizzano le linee cadenti, si usano per scattare fotografie di edifici o di grandi strutture dal basso (ad esempio un edificio che può essere fotografato solo da una distanza ridotta) poiché è impossibile adattare l’intero campo di ripresa al fotogramma senza inclinare la fotocamera. Possiamo fotografare l’intero soggetto ma per la prospettiva la parte superiore della scena, quella fisicamente più lontana, sarà di dimensioni minori rispetto alle altre. L’effetto delle linee cadenti aumenta quando si diminuisce la distanza dal soggetto fotografato e quando si usano dei grandangolari sempre più spinti. Usando un obiettivo decentrabile sarà invece possibile acquisire in modo corretto poiché il piano focale sarà mantenuto parallelo al piano di presa, traslando in alto l’asse ottico per sfruttare la parte inferiore del cerchio di copertura.
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3-Banco ottico in posizione di decentramento. |
La giustificazione teorica del fenomeno la troviamo nel principio di Scheimpflug. Una regola geometrica che permette di descrive l’orientamento del piano di messa a fuoco utilizzato in un sistema ottico quando il piano della lente non è parallelo al piano dell’immagine (il principio prende il nome da Theodor Scheimpflug, che lo analizzò e lo utilizzò per la correzione della distorsione prospettica nelle fotografie aeree). Viene maggiormente utilizzato con le fotocamere a banco ottico.
Normalmente il centro ottico dell’obiettivo, il sensore per l’acquisizione delle immagini o la pellicola (nel caso della fotografia analogica) ed infine l’asse della scena sono tutti paralleli tra di loro. Se il piano del soggetto non è parallelo al piano dell’immagine sarà a fuoco soltanto lungo la linea in cui interseca il piano di messa a fuoco. Secondo questo principio possiamo avere una corretta messa a fuoco quando il piano focale del sensore, l’asse del centro ottico e l’asse della scena convergono tutti e tre contemporaneamente in un unico punto.
Si definisce un obiettivo basculabile quando consente il controllo della profondità di campo. Questo controllo non utilizza la normale regolazione del diaframma ma l’inclinazione dell’asse ottico rispetto al piano focale secondo le regole precedentemente illustrate.
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5-Banco ottico in posizione di basculaggio. |
Usando un grandangolare per fotografare grandi strutture o quando si vuole inserire nella scena da riprendere più soggetti a diverse distanze dal piano focale può aversi il fenomeno della sfocatura di una parte della scena, specialmente con un diaframma molto aperto. Agendo sulla profondità di campo si può aumentare la zona di messa a fuoco ma per un controllo preciso bisogna far ricorso alla inclinazione dell’asse ottico verso il piano più vicino a quello di ripresa.
I primi obiettivi messi in commercio che utilizzavano il controllo della prospettiva (decentrabili e/o basculabili) sono stati quelli per il formato 35 mm con una lunghezza focale di 35 mm. Con il progresso dei processi costruttivi queste ottiche sono state realizzate fino a quelle da 24 mm. Recentemente è stato realizzato anche un 17 mm.
Nel 1961 la Nikon mise in commercio il 35mm f/3.5 PC-Nikkor. Il primo obiettivo per il formato cinematografico dotato di un sistema per la correzione della prospettiva di 11 mm in ogni direzione. Un paio di anni dopo la Canon propose il 35mm f/2.8 TS S.S.C. il primo 35 mm decentrabile e basculabile.
Attualmente la Canon produce quattro obiettivi “TS” (Tilt Shift) con funzioni di decentramento e basculaggio: vanno dal teleobiettivo TS-E 90 mm f2.8 (Con un’inclinazione di ±8°, un decentramento di ±11 mm e una rotazione di ±90°) al grandangolare TS-E 17 mm f/4. Tutti gli obiettivi sono dotati di controllo automatico del diaframma. I prezzi vanno dai 1200 euro (45 mm) ad oltre 2000 euro (17 mm).
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6-I primi obiettivi decentrabili – il Nikon 35mm f/3.5 PC-Nikkor ed il Canon 35mm f/2.8 TS S.S.C. – entrambi commercializzati nei primi anni 60. |
Attualmente la Nikon produce quattro obiettivi “PC” (Perspective Control) con funzioni di decentramento e basculaggio: vanno dal teleobiettivo PC-E Micro Nikkor 85 mm f/2.8D ED (capacità di decentramento +/-11,5 mm e capacità di basculaggio +/-8,5 º e una rotazione da +/-90º (in incrementi da 30 º)) al nuovissimo grandangolare PC NIKKOR 19mm f/4E ED. Gli obiettivi “Micro” permettono una messa a fuoco ravvicinata (0,5x d’ingrandimento). Quelli con la sigla PC-E permettono il controllo automatico del diaframma ma solo con alcuni corpi macchina Nikon (ad esempio D3). I prezzi vanno dai 1700 euro (85 mm) ad oltre 3000 euro (19 mm).
Sia sugli obiettivi Canon che quelli Nikon i meccanismi che permettono il decentramento e il basculaggio possono essere ruotati di 90° sia a destra che a sinistra e possono operare orizzontalmente, verticalmente o ad orientamenti intermedi. Generalmente il movimento di basculamento, in tutte queste ottiche, è ortogonale a quello di decentramento. I nuovi obiettivi Canon TS-E 17 mm e TS-E 24 mm II permettono il decentramento ed il basculaggio indipendenti e combinabili tra di loro. Un problema risolto solo recentemente è quello della lettura dell’esposimetro mediante il controllo automatico dell’apertura utilizzando un diaframma elettromagnetico.
Esistono anche altri costruttori: Hartblei produce obiettivi decentrabili compatibili con i corpi macchina di altri marchi (ad esempio il TS-PC Harblei 120 mm f/2.8). Hasselblad produce un adattatore inclinabile e spostabile l’HTS 1,5 che permette di montare alcuni obiettivi con attacco H-System. Progettato per gli obiettivi dal 24 mm al 100 mm, questo adattatore permette la messa fuoco all’infinito ma l’autofocus è disattivato durante l’uso di questo supporto (il costo supera i 5000 euro). Anche Mamiya produce una adattatore decentrabile per le proprie ottiche.
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7-I recenti obiettivi decentrabili – il Nikon PC NIKKOR 19mm f/4E ED, il Canon TS-E 17 mm f/4 e l’adattatore HTS 1,5 della Hasselblad che permette di montare gli obiettivi con attacco H-System. |
Quasi tutti i software per il fotoritocco utilizzati in post produzione per le immagini permettono di “deformare” la quadratura delle immagini ottenendo di “raddrizzare” l’angolo delle linee cadenti. Questa tecnica non permette ovviamente il recupero della risoluzione minore nelle zone “lontane” della scena e della profondità di campo realmente acquisite. La parte più lontana dell’immagine può essere ricostruita con tecniche digitali che devono estrapolare l’informazione dai pochi punti acquisiti e che quindi introducono un notevole rumore; si possono presentare dei visibili effetti di interpolazione per questi pixel. Questi difetti possono essere inoltre aumentati dal grado di manipolazione, dalla dimensione della stampa e/o della visualizzazione sul monitor e soprattutto dalla distanza di osservazione.
Concludiamo considerando la fotocamera che è stata appositamente progettata per questo scopo: il banco ottico: è una fotocamera che utilizza la pellicola piana o sensori di acquisizione ad alta definizione utilizzata solo per usi professionali per la fotografia architettonica o lo still life.
Volendo schematizzare è formata da una rotaia dove sono montati due tralicci mobili (nel primo viene alloggiata l’ottica che comprende l’otturatore di scatto e nel secondo la lastra fotografica). Mediante dei dispositivi micrometrici si può variare la geometria con la massima precisione in ogni direzione indipendentemente dalle altre. Un soffietto a perfetta tenuta di luce collega i due dispositivi posizionati sui tralicci.
Grazie all’amico Danilo ho potuto personalmente provarla per poter confermare il suo uso professionale. Il montaggio richiede la massima cura e la successiva ricerca della messa a fuoco e controllo della prospettiva sul vetro smerigliato è un processo che richiede molto tempo e precisione (possono essere necessarie delle ore). Mancano completamente tutte le “diavolerie elettroniche” (messa a fuoco automatica, esposimetro etc.) ma il risultato finale può ampiamente ripagare l’impegno profuso.
FRANCESCO.
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista FOTOGRAFARE n° 5 (Maggio) del 2017 nella rubrica di ALTA FOTOGRAFIA.
P.S. Visto il tempo trascorso dalla pubblicazione va precisato che l’impianto tecnico dell’articolo è sempre valido ma risulteranno poco attendibili le eventuali ricerche di mercato o le scansioni temporali dei prodotti fotografici citati nel medesimo.
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